La storia di una principessa e di un drago, un'intervista e un breve audio ci raccontano come sono cambiate le relazioni durante la pandemia.
La principessa ed il drago
Quale modo migliore di descrivere le proprie relazioni nel modo più semplice possibile se non attraverso una favola? E' proprio di questo che parla la storia de: "la principessa ed il drago", un tocco di leggerezza per raccontare la nostra esperienza; una favola per riflettere adatta a tutte le età! dai più grandi ai più piccini.
C’era una volta, in un regno non molto lontano, una principessa dai lunghi capelli neri e con grandi occhi rotondi.
La giovane principessa si divertiva ad andare a scuola, perché lì c’erano i suoi amici e sempre gente nuova da conoscere. Le piaceva così tanto passare del tempo con i suoi amici che le domeniche le sembravano lunghissime, a casa sì c’erano la mamma ed il papà, ma con loro non riusciva a parlare come faceva con i suoi amici.
Il sogno della principessa era quello di vivere per sempre circondata dalle persone che amava e di creare con loro dei ricordi indimenticabili, ma un giorno successe qualcosa di inaspettato…
Era il secondo mese dell’anno ed erano arrivate le tanto attese vacanze di primavera, la principessa era così stanca che per una volta era felice di non dover andare a scuola anche perché il rientro scolastico non le sembrava poi così lontano, come diceva sempre: “queste vacanze dormirò e al rientro darò il massimo!”
Passarono i cinque giorni e senza preavviso venne ordinato a tutto il regno di stare rinchiusi in casa per un’altra settimana perché un grande drago proveniente da un paese straniero li stava attaccando, la principessa nel sentire queste parole si fece prendere dalla paura , ma una voce rassicurante le aveva promesso che si sarebbe trattata solo di una settimana di confinamento e che dopo sarebbe tornato tutto come era.
Passò quella settimana, e dopo di essa un’altra, ed un’altra ancora e così’ le venne comunicato che sarebbe dovuta stare rinchiusa nel suo castello per ancora molte settimane. La principessa era triste, poteva vedere i suoi amici solo attraverso delle sfere di vetro che permettevano loro di seguire le lezioni, ma soprattutto il solo pensiero che doveva passare più tempo di quanto non avesse mai fatto con i suoi genitori la metteva a disagio.
La principessa era stressata, ma piano piano la situazione cambiò. Ogni sera guardava una serie tv con i suoi genitori, ridevano, parlavano e si divertivano e piano piano la principessa cominciò’ ad accorgersi di quanto fosse fortunata ad avere dei genitori così’. Era passata dal semplice saluto mattutino ad avere con loro intere conversazioni su argomenti di qualsiasi tipo con i suoi genitori. Un giorno cucinava con la mamma, un altro aiutava il papà nel suo laboratorio, un'altra volta ancora guardavano un film e così’ facendo comprese quanto i suoi genitori le volessero bene e quante cose avessero in comune.
Pur provando un odio profondo nei confronti del grande drago che le aveva rubato il tempo che passava con i suoi amici, la principessa in qualche modo provava anche gratitudine nei suoi confronti per averle permesso di conoscere meglio i suoi genitori.
Ancora oggi si narra che il grande drago cattivo stia infestando quelle terre non permettendo alla principessa di vedere i suoi amici, tuttavia la principessa è felice perché anche mamma e papà sono suoi amici adesso.
Fu proprio così’ che un drago cambiò inaspettatamente le relazioni che la principessa si era creata fino a quel momento.
Si spera che un giorno questa favola possa finire con il tanto atteso: " vissero per sempre felici e contenti ma senza drago".
Mio papà Lodovico
Dopo aver concluso la storia della principessa e il drago vogliamo raccontarvi la storia di un’altra donna della nostra città, Bergamo, e di suo padre per riflettere sull’importanza della famiglia.
1. Come descriveresti tuo papà Lodovico ?
Mio papà Lodovico era sempre felice e sorridente, molto dedito al suo lavoro come ogni bergamasco
che si rispetti e molto amato dalla popolazione di Comun Nuovo, comune di cui era stato sindaco. Come me tifosissimo dell’Atalanta non perdeva mai una partita e gli piaceva molto la compagnia, soprattutto quella delle sue figlie e dei suoi nipotini. Negli ultimi mesi continuava a ripetermi di non avere ansia e che lui era fortunatissimo ad avere le sue figlie e tutta la famiglia con lui. Quando tornava dal lavoro al cotonificio lui ci chiedeva sempre come fosse andata la giornata e non c’è mai stata una volta che dicesse fosse andata male. Probabilmente a marzo del 2020 durante la prima settimana in ospedale è riuscito a far ridere tutto il reparto, ma ora mi manca tanto, tantissimo.
2. Tu e tuo papà eravate entrambi presenti alla partita Atalanta Valencia, cosa è successo dopo quella serata ?
Mi ricordo perfettamente quel giorno: per non perdere tempo mi ha voluto accompagnare alla scuola elementare dove insegno. Finite le lezioni siamo partiti subito verso San Siro con mia sorella Marianna, mio nipote Leonardo e un amico di famiglia, Giancarlo. Arrivati allo stadio mio papà manco a farlo apposta ha esclamato: “Alla faccia degli assembramenti !”, poi siamo entrati e mio papà ha detto che sembrava di andare a teatro viste tutte le luci puntate verso il campo e il tappeto rosso all’entrata del settore. Una volta seduti al nostro posto nel settore arancione, prima che iniziasse la partita ha avuto il solito giro di telefonate con mia mamma e i vari amici. Non l’ho mai visto così felice: al goal di Freuler come tradizione mi ha abbracciato ma dentro di me ho sentito qualcosa di brutto, un presagio e ho pensato “pensa mio papà quanto è felice” quasi come se sapessi che di lì a poco sarebbe successo qualcosa.
Purtroppo mio papà si è ammalato la sera del 28 febbraio, è stato a casa fino alla notte tra l’8 e il 9 marzo quando è stato portato a Zingonia. Quella notte io lo sapevo che l’avrei salutato per l’ultima volta. Sono riuscita a sentirlo per telefono fino al 16 marzo e poi solo attraverso dei messaggi su Whatsapp. Successivamente il 19 Marzo l’Ats ci ha telefonato perché eravamo parenti di una persona positiva al Covid 19, ma dato che non c’erano abbastanza tamponi hanno detto di continuare a stare in quarantena. Ci hanno anche chiesto la data dell’ultimo spostamento (29 Febbraio) ma mio papà Lodovico si era contagiato il 26, dunque era stato contagiato al lavoro e non alla partita. Qualche giorno dopo il 19 marzo, abbiamo capito che la situazione era peggiorata drasticamente quando ha voluto essere confessato da mio zio vedendo tutti quelli in camera con lui morire. Infine la domenica successiva (22 marzo) ci hanno telefonato dall’ospedale di Zingonia perché si era ulteriormente aggravato e il giorno stesso ci ha lasciati.
Qualche settimana dopo mia sorella ha dovuto fare il riconoscimento e ha detto di aver visto nell’obitorio anche giovani di 40 anni, a testimonianza di quanto il Covid avesse colpito tutte le fasce d’età della popolazione.
Quindi io, tornando alla domanda che mi hai posto, Atalanta Valencia non la collego alla pandemia ma all’ultima cosa bella e non tollero infatti che venga collegato il covid con la partita... Vederlo andare via così è dura perché rimane un genitore, non ci si abitua mai.
3. Durante il periodo in ospedale come potevate parlarvi ?
Inizialmente attraverso le chiamate poi solo messaggi fino a all’ultimo messaggio...una buonanotte. Quando ancora riusciva a parlare voleva sapere dell’Atalanta, poi l’ultima cosa che ha detto a mia mamma in chiamata il 12 marzo è stata che gli si stava gonfiando il braccio e infatti nella sua ultima foto non sembrava la stessa persona. Mi ricordo che ha detto a mia mamma che l’amava sebbene non glielo avesse mai detto e mia mamma gli ha risposto dicendogli di non fare il melodrammatico.
4. Come è stato passare da un giorno all’altro ad avere una relazione solo attraverso messaggi e video ?
Un incubo, una tragedia. È stato veramente atroce anche perché tutto il contesto era difficile da accettare: non abbiamo potuto celebrare il funerale e io non ho potuto vedere le mie sorelle fino al 4 maggio. Ho dovuto farmi forza da sola anche se non pensavo di essere abbastanza forte per farcela.
5. Come sono cambiate le relazioni con la tua famiglia ?
Siamo sempre uniti anche senza mio papà, però ci sono più telefonate con i parenti perché non abbiamo più molte possibilità di vederci. Per di più ci siamo uniti di più come nucleo ristretto ma tra di noi cerchiamo tutti di stare più attenti a rispettare le giuste precauzioni.
6. Come sono cambiate le relazioni con tutte le persone che conoscevano tuo papà?
Subito dopo la morte abbiamo ricevuto grande affetto con messaggi, lettere e telefonate da parte di molti conoscenti perché mio papà è stato molto amato all’interno del paese sia come persona che come sindaco. Certo aveva anche lui i suoi difetti ma era sempre pronto ad aiutare i compaesani e ora quando li incontro c’è sempre un aneddoto da raccontare.
7. Cosa ti ha insegnato questa pandemia riguardo alle relazioni con i tuoi famigliari ?
La prima cosa che questa esperienza mi ha insegnato è che solo chi ha perso una persona per covid può veramente capire cosa significhi non poter poterla vedere per giorni, non sapere se tornerà a casa e non potergli fare il funerale. Però il secondo insegnamento ancora più importante è che ho capito quale fosse il vero significato delle parole di mio papà quando diceva che siamo fortunati, e le vere cose importanti sono la salute, la famiglia e gli amici.
8. Quale messaggio vorresti dare a tutti quelli che hanno letto questo articolo rispetto alla tua vicenda ?
Vorrei dire loro che, anche quando ci sembra di non trovare la forza per poter andare avanti in realtà l’abbiamo dentro di noi e che proprio grazie ad essa, alla preghiera e alla speranza, si riesce andare avanti anche se è un percorso difficile e doloroso. Inoltre nel mio caso è proprio mio papà che mi dà la forza anche se non è più qui con noi.
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